Riconosciuto il ruolo dell’odontoiatra nell’approccio multidisciplinare
“L’odontoiatra interviene sulle apnee notturne seguendo due direttrici. Ha una funzione di screening e un compito è di tipo terapeutico grazie a dei nuovi dispositivi intra-orali” spiega la dottoressa Marzia Segù, Coordinatore didattico di sezione del Corso di Laurea di Igiene Dentale all’Università di Pavia.
APNEE NOTTURNE E APPROCCIO MULTISCIPLINARE – Di OSAS si parla spesso, ma mai abbastanza: gli specialisti sono chiamati a pronunciarsi su un incremento di casi che comincia da tempo a preoccupare medici di base, pneumologi, otorini, neurologi e gli stessi dentisti. La bocca è infatti lo specchio della salute: tra le malattie su cui l’odontoiatra può dare un contributo nella cura e nella prevenzione, anche proprio le apnee notturne (OSAS).
Il ruolo degli odontoiatri in questo ambito è ben codificato, poiché, su richiesta del Ministero della Salute, sono state redatte apposite Linee Guida. “L’odontoiatra interviene sulle apnee notturne lungo due direttrici” spiega la dottoressa Marzia Segù, Coordinatore didattico di sezione del Corso di Laurea di Igiene Dentale all’Università di Pavia. “Anzitutto, dall’anamnesi del singolo ha una funzione di screening: può capire se il paziente russa, se ha sonnolenza diurna, se smette di respirare durante la notte. Ciò consente di intercettare i pazienti non ancora diagnosticati. Il secondo compito è di tipo terapeutico: negli ultimi anni sono stati messi a punto dei dispositivi intra-orali (i MAD – acronimo di Mandibola Advanced Device), che ci consentono di andare a trattare e tentare di risolvere questa patologia dopo l’esame polisonnografico prescritto dallo specialista”.
I MAD si candidano a diventare delle valide alternative alle attuali possibili soluzioni, le CIPAP, delle maschere attaccate a un compressore che prende l’aria dall’ambiente e la inala forzosamente per le vie respiratorie. I MAD, in quanto apparecchi intra-orali, permettono di ridurre le apnee e sono facilmente trasportabili (sono simili a un byte).
Il numero di apnee nel periodo di esame individuato permette di differenziare le tipologie di pazienti. Fino a 5 può essere di comune casualità. Dalle 5 alle 15 apnee è un caso lieve, che diventa moderato se passa dalle 15 alle 30. Fino a 30 il dispositivo intra-orale dà ottimi risultati: elimina la sonnolenza diurna e i malumori, aumenta la produttività, oltre a generare benefici sul piano medico. Può essere utile anche nei casi severi, riducendo comunque il numero di apnee. “Il ruolo dell’odontoiatra si rivela determinante soprattutto per i casi moderati” aggiunge la professoressa Segù. “Nei casi più severi, i soggetti sono già consapevoli della loro condizione. Laddove però persiste il sommerso e la trascuratezza, o nei casi in cui si cercano dispositivi meno invasivi, l’odontoiatra può risultare una delle figure di riferimento”.
LE APNEE NOTTURNE – La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno è caratterizzata sul piano clinico da sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performace diurne e russamento notturno. Sul piano fisiopatologico l’OSA è caratterizzata dalla comparsa durante il sonno di episodi ripetuti di ostruzione parziale (ipopnea) o completa (apnea) delle prime vie aeree associati a fasiche cadute dell’ossiemia e conseguenti desaturazioni di ossigeno dell’emoglobina arteriosa. Molteplici e gravi le possibili conseguenze: durante l’apnea il livello di ossigeno nel sangue scende e si attivano dei meccanismi infiammatori che alterano anche il metabolismo glucidico, col rischio di sviluppare diabete o malattie cardiovascolari importanti. Tra i pazienti diabetici, le OSAS arrivano al 50-60%.
L’apnea ostruttiva del sonno era considerata una malattia rara in passato (4% degli uomini e 2% delle donne), ma la sua incidenza è sensibilmente aumentata nell’ultimo decennio. Recenti studi epidemiologici mostrano una prevalenza sorprendentemente elevata. L’OSA moderata o grave è stata riscontrata in circa il 50% degli uomini e il 25% delle donne nella popolazione di mezza età. Ciò è dovuto sia alla nuova modalità più sofisticata di fare diagnosi, sia perché è cresciuto il problema dell’obesità che ha modificato il bacino di utenti. Si è anche ampliato il panorama dei soggetti. Il paziente tipo non è più solo l’uomo di mezza età sovrappeso. Le donne sono più coinvolte, sebbene manifestino i sintomi in maniera diversa: non sono sonnolenti durante il giorno, ma soffrono di insonnia e sembra qualcosa di diverso.
“Nella sezione dell’anamnesi è importante un approccio multidisciplinare e collaborativo con l’otorino, che permette una valutazione delle sub-stenosi delle prime vie aeree, eseguendo una rinofibroscopia con valutazione degli spazi respiratori, effettuando così una stretta collaborazione tra otorino e dentista per il prosieguo terapeutico combinato” aggiunge il professor Dario Granata otorinolaringoiatra dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma.
IL VI CONGRESSO DELL’ISTITUTO STOMATOLOGICO TOSCANO: IL RISCHIO DIABETE NEL PAZIENTE ODONTOIATRICO – “L’odontoiatria nel paziente diabetico. Dalle correlazioni fra infezioni orali e diabete alle problematiche del trattamento nelle varie discipline odontoiatriche” è stato il tema scelto per il VI Congresso dell’Istituto Stomatologico Toscano a Viareggio (Lucca). Salute orale e salute globale sono un binomio inscindibile; in particolare, la prima ha una stretta correlazione con il diabete. Il paziente diabetico è un soggetto che più facilmente degli altri sviluppa malattia parodontale, spesso con quadri molto aggressivi. La presenza di una malattia diabetica presenta poi implicazioni che investono tutte le terapie odontoiatriche e in modo particolare le infezioni del cavo orale. “Da sempre il paziente diabetico ha rappresentato un problema per i dentisti per il rapporto bidirezionale che esiste con le infezioni del cavo orale” afferma il prof. Ugo Covani, Direttore dell’Istituto Stomatologico Toscano. “Da una parte, il diabete favorisce le infezioni, visto che la maggior parte delle patologie odontoiatriche sono infettive; dall’altra, le patologie infettive del cavo orale nel paziente diabetico creano scompenso al metabolismo, ossia rendono più difficile l’equilibrio della glicemia. Per questo è necessario definire e razionalizzare l’approccio da parte di tutti gli operatori dello studio odontoiatrico”.