Mentre nel mondo si sono riaccesi i conflitti e l’orizzonte, da qualche anno, appare cupo, non cessa la speranza. Magari è davvero possibile un mondo più giusto e più pacifico.
Mai come in questo momento appare bizzarro parlare di pace e di un mondo più giusto. Eppure le armi nucleari che incombono, i cambiamenti climatici che ci minacciano, il divario tra i pochi sempre più ricchi e i molti sempre più poveri sono tutte cose che dovrebbero indurci, quantomeno, a riflettere.
In passato a lungo si discusso di guerra giusta, anche tra i cristiani. Oggi la dialettica, che si serve della guerra guerreggiata, dovrebbe essere superata come strumento di evoluzione.
Non sarebbe la fine della storia teorizzata da Francis Fukuyama, ma un nuovo modo di concepire tesi, antitesi e sintesi, in un contesto in cui l’evoluzione sociale, economica e politica dell’umanità potrebbe avviarsi verso un nuovo decorso storico.
E’ utopia? Forse… Ma…Come diceva lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano, l’utopia serve ad andare avanti.
“L’utopia è là nell’orizzonte. Mi avvicino di due passi e lei si distanzia di due passi. Cammino 10 passi e l’orizzonte corre 10 passi. Per tanto che cammini non la raggiungerò mai. A che serve l’utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare”.
Percorrere i sentieri dell’utopia per sperare in un mondo più giusto e pacifico può aiutarci ad avvicinarci ad un mondo diverso.
Secondo il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel, si va avanti solo attraverso la guerra: lo “Spirito del Mondo” (Weltgeist), si serve degli interessi particolari dei singoli popoli, per raggiungere i suoi fini universali. Lo spirito si incarna in un determinato popolo, all’avanguardia in un certo periodo storico ( i romani ad esempio, nell’età antica).
Per Hegel solamente attraverso i contrasti tra gli Stati, ovvero solamente attraverso la guerra, si attua lo “Spirito del Mondo”.
Ma se è normale che tra i popoli, come tra gli individui, ci siano i conflitti, non è normale che la guerra sia l’unica soluzione. La sintesi, forse si può ottenere anche con mezzi meno cruenti. Le acque di uno stagno, stando ferme, imputridiscono, diceva Hegel.
Non è detto, però, che senza la guerra guerreggiata le acque siano ferme.
E’ bello pensare che sia possibile una pace perpetua, come auspicava un altro filosofo tedesco, Immanuel Kant, che nel 1795 scrisse un piccolo libro, intitolato appunto Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden. Ein philosophischer Entwurf).
Per Kant la guerra è una condizione che caratterizza gli stati, che sono ancora allo stato di natura. Serve uscire da questo stato di natura e dar vita a un grande organismo giuridico internazionale che, tra le altre cose, preveda l’eliminazione della guerra.
Nel Novecento sono stati creati organismi internazionali, ma nessuno di essi è riuscito davvero a funzionare e ad eliminare la guerra. La Società delle Nazioni, l’Onu hanno mostrato tutta la loro debolezza e hanno rivelato di essere, o essere state, organizzazioni non proprio ottimali, dato anche il modo in cui sono state ideate.
Eppure, una umanità matura, dotata di armi distruttive come la bomba atomica, dovrebbe poter creare una società in cui i conflitti si possano risolvere per via diplomatica senza spargimento di sangue. La guerra dovrebbe diventare un nuovo tabù.
Nella prima metà del Novecento, Albert Einstein e Sigmund Freud si confrontarono sulla guerra tramite un celebre carteggio. Per Einstein servirebbe l’Istituzione di “un’autorità legislativa e giudiziaria” che possieda la facoltà di “emettere verdetti di autorità incontestata e imporre con la forza di sottomettersi all’esecuzione delle sue sentenze”. Per il Fondatore della Psicoanalisi, invece, la cultura, l’istruzione, l’educazione sarebbero utili per reprimere gli impulsi distruttivi, di cui l’uomo è dotato, la pulsione di morte (Thanathos) che si contrappone alla pulsione di vita (Eros).
Interessante la riflessione di Einstein. Ma anche ammesso che si riesca a creare un organismo internazionale al di sopra degli interessi dei popoli e dei singoli appetiti c’è sempre l’annosa domanda: chi controlla i controllori?
«Chi controlla i controllori?» si era chiesto Giovenale nella sesta delle sue Satire.
Platone, invece, ne La Repubblica, dice ai controllori dello Stato di evitare l’ubriachezza per non essere costretti ad essere controllati a loro volta, e definisce “ridicola” una situazione nella quale “un custode abbia bisogno di un altro custode”.
Per Platone i governatori della polis, della città, dovevano diventare filosofi. Oggi ci sarebbe un gran bisogno di politici capaci di conoscere il bene dell’umanità e di lavorare per un ipotetico organismo internazionale, migliore dell’Onu.
Per tutto questo non sarebbe neanche necessario conoscere il Bene in senso assoluto, quale quello fondato sul motore immobile che muove tutte le cose (Aristotele), o su un Dio (ebraico, cristiano, musulmano…). Basterebbe un bene basato su dei principi etici che mettano sostanzialmente d’accordo le principali religioni, filosofie e culture, pure in un pensiero debole, in cui siano banditi eccessi ed estremismi, che nel mondo non dovrebbero essere una maggioranza.
Sarebbe importante creare organismi internazionali composti da saggi, capaci di controllare l’aggressività, che come certi bambini diversamente abili, imparino a gestire la rabbia, a frenare gli appetiti, in un’ottica di empatia con il prossimo.
Purtroppo l’umanità non sembra andare in questa direzione. Negli Stati Uniti, in cui per molti decenni del Novecento, sembra essersi incarnato lo Spirito del Mondo (per dirla con Hegel) è stato eletto Donald Trump.
Il neo eletto presidente si dice capace di risolvere i conflitti.
Da uomo d’affare magari Trump è davvero capace di fare accordi, ma non sembra scevro da appetiti e da mania di grandezza. In molti sono sicuri che se i BRICS, i Paesi emergenti, vorranno liberarsi dal predominio americano, il tycoon non lo permetterà.
Allora siamo di fronte a un’umanità perduta, incapace di controllare i conflitti che potrebbero distruggerla e incapace di frenare un cambiamento climatico, che parimenti potrebbe, nella migliore delle ipotesi, cambiare profondamente la terra, in peggio per l’uomo?
Se l’umanità ha davvero braccia così corte, impossibilitate a poter raccogliere il frutto capace di creare la confettura adatta a risolvere i problemi della Terra, non resta che credere che ci siano un Dio o uno Spirito del Mondo capace di incarnarsi nel popolo più giusto possibile, abile nel risolvere almeno i problemi più grossolani del mondo globalizzato, su cui incombono la bomba atomica, la distruttività dei cambiamenti climatici, lo spettro di una economia in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Se questo non sarà, non resta che sognare un Elon Musk o qualcun altro, capace con una navicella, novella arca di Noè, di salvare esemplari terreni, in una deflagrazione universale, per trasportarli in luoghi vivibili, ad ora, difficili da immaginare.