La notizia che il parlamento in Ucraina ha messo al bando la Chiesa Russa ha destato scarso interesse in Occidente, direi anche perché non si è capito bene di cosa si trattasse. Maggior rilievo ha avuto invece la decisa e forte opposizione del Papa, che ha proclamato che le chiese non si toccano e che ognuno deve avere il diritto di pregare come e dove vuole, secondo la propria coscienza.
Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza, partendo da un breve riferimento storico.
Il primo nucleo di Stato degli Slavi cristiani fu, intorno all’800 d.C., il Principato di Kiev, fondato dai Rus, un gruppo di Vichinghi che qui vennero denominati Vareghi. Essendo stati convertiti da missionari greci (Cirillo e Metodio i più noti), essi seguivano il rito greco (noi diciamo ortodosso).
Quando però la Chiesa Greca si divise definitivamente da quella Latina (Scisma d’Oriente nel 1054), i cristiani di rito greco formarono delle chiese autocefale (noi diciamo ortodosse): ogni popolo (meglio, ogni stato) aveva una propria chiesa indipendente, mentre invece la Chiesa Cattolica (cioè universale) riconosceva l’autorità del successore di Pietro, il Pontefice Romano. Questo fatto determinava che ogni chiesa nazionale si affidava e si affiancava allo Stato (un po’ come i Luterani), occupandosi solo di problemi strettamente religiosi e liturgici, mentre la Chiesa Cattolica abbracciava tutte le nazioni e gli stati, e quindi non prendeva posizione nei conflitti interni fra nazioni cattoliche; inoltre, si occupava molto, qualcuno dice troppo, di problemi sociali.
Il Principato di Kiev si divise prima per lotte interne, ma soprattutto nel 1200 fu travolto completamente dalle invasioni dei Mongoli di Gengis Khan e rimase soggetto per secoli ai loro successori, popolazioni islamiche originarie dell’Asia centrale, che qui furono denominate Tatari (noi diciamo TaRtari), i quali tuttora vivono in Russia.
Intanto, altri Slavi erano stati convertiti da missionari germanici e latini e quindi erano divenuti cattolici (cechi, slovacchi, croati) e, per noi più interessanti, polacchi e lituani che, nel 1600, uniti occupavano l’Ucraina, che divenne campo di battaglia fra essi, i Tatari musulmani, e il Principato di Mosca ortodosso (la Terza Roma, come si definiva).
A un certo punto, Khmel’nytsky, un ataman dei cosacchi (fratellanze ucraine di soldati di mestiere), chiese l’aiuto dei correligionari di Mosca contro i cattolici polacchi e, man mano, con alterne vicende, gli ucraini entrarono nell’impero russo che si stava formando e accettarono la Chiesa ortodossa russa, guidata dal patriarcato di Mosca.
Una parte però dell’Ucraina, che noi chiamiamo Galizia (da non confondere con quella spagnola), chiamata in ucraino Halycyna (attuale oblast di L’viv), rimase invece con la Polonia e la chiesa locale accettò il passaggio al cattolicesimo, conservando però i riti ortodossi che aveva da sempre seguito ( chiesa greco cattolica o Uniate). Nel ‘700, con la spartizione della Polonia, la Galizia entrò a far parte dell’impero asburgico, anch’esso cattolico, e dopo il 1918 passò ancora alla Polonia per riunirsi poi al resto dell’Ucraina e quindi all’URSS alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La Chiesa greco-cattolica fu particolarmente perseguitata da Stalin e poi anche dai successori perché veniva vista come legata al cattolicesimo, nemico del comunismo.
Con la caduta definitiva del comunismo tornò la libertà di religione. Però, poiché le chiese ortodosse sono autocefale (cioè nazionali), si formò una Chiesa ortodossa ucraina senza più legami con Mosca. Tuttavia, la parte russofona dell’Ucraina (circa un quarto della popolazione) continuò ad aderire alla Chiesa del patriarcato di Mosca. Abbiamo quindi in Ucraina quattro chiese cristiane: la Chiesa ortodossa ucraina, la Chiesa ortodossa russa, la Chiesa cattolica di rito greco e, inoltre, la Chiesa cattolica di rito latino per i pochi residenti polacchi rimasti.
Con lo scoppio dell’attuale guerra russo-ucraina si sono create delle crepe fra le chiese. La Chiesa cattolica uniate, pur condividendo localmente le rivendicazioni ucraine, si è trovata in imbarazzo perché il Papa ha, fin dal primo momento, privilegiato la ricerca della pace rispetto alle rivendicazioni nazionaliste. La Chiesa ortodossa ucraina appoggia incondizionatamente il governo, come da tradizione ortodossa.
In grosse difficoltà si è trovata invece la Chiesa russa perché il patriarca di Mosca, Kirill, appoggia a sua volta incondizionatamente Putin. Per questo motivo, già dall’inizio della guerra, i componenti del clero della Chiesa russa sono stati visti con sospetto e a volte arrestati per tradimento. Dopo l’inizio dell’invasione, nella primavera del 2022, la Chiesa russa in Ucraina si è dichiarata autonoma da Mosca ed è stato rimosso ogni riferimento al patriarcato di Mosca, compreso il nome del patriarca Kirill nelle preghiere, come era d’uso. Tuttavia, questo non è bastato. Dopo un anno e mezzo di tensioni e battute d’arresto, il Parlamento ucraino ha approvato nuove norme che mettono al bando ogni «organizzazione religiosa subordinata a quelle del Paese aggressore». Non viene citata espressamente la Chiesa russa in Ucraina, ma il senso è chiaro e inequivocabile: il presidente Zelensky afferma che la legge punta a difendere la sicurezza nazionale e che rafforza l’indipendenza spirituale della nazione
Insomma, l’ultima cosa che ci si può augurare è anche una lotta religiosa che per secoli ha insanguinato quelle terre. Noi occidentali siamo ormai per la completa libertà religiosa e questa norma non ci è certamente gradita perché contraddice l’idea di una democrazia ucraina in lotta contro l’assolutismo della Russia.
D’altra parte, non è che ci siano poi divergenze dottrinali e nemmeno etico-culturali. Ad esempio, se il patriarca di Mosca, Kirill, indica la guerra in Ucraina come una sorta di crociata contro la decadenza dell’Occidente, che sarebbe dominato dalla LGBT, anche il patriarca della Chiesa autocefala ucraina di Kiev, Filarete. qualche anno fa, definì il Covid una punizione divina per l’accettazione della LGBT.