I mercati hanno preso una brutta piega e molte degli avvenimenti negativi che abbiamo visto di recente sono basati sulla paura. Matt Waldner, Global Head of Trading di Columbia Threadneedle, osserva che gli investitori in preda al panico temono una rottura sistemica che ancora non si è manifestata. Sebbene ciò sia certamente possibile, alla base del recente nervosismo del mercato vi sono anche alcune questioni fondamentali. Un rapporto sul lavoro peggiore del previsto ha fatto credere a molti che gli Stati Uniti potrebbero essere sull’orlo di una recessione, alimentando le preoccupazioni per un rallentamento dell’economia. È normale che questa stia rallentando: i tassi d’interesse sono ormai da tempo superiori al 5%. Molti analisti e gestori di portafoglio si sono chiesti come mai non ci sia già stata una recessione, visti gli aggressivi rialzi dei tassi della Federal Reserve nel 2022.
È sorprendente la rapidità con cui la psicologia del mercato può cambiare. Prendiamo ad esempio il rapporto sul lavoro della scorsa settimana: in teoria, un rapporto sul lavoro debole dovrebbe indurre la Fed a tagliare i tassi più rapidamente, il che dovrebbe essere positivo per azioni e obbligazioni. Ma ora si teme che la Fed abbia aspettato troppo a tagliare i tassi e che presto ci troveremo in una recessione. Questo potrebbe provocare un calo degli utili, mettendo in discussione le generose valutazioni azionarie odierne e causando potenziali crisi creditizie nei mercati obbligazionari.
La volatilità del mercato valutario giapponese è un altro fattore chiave che ha guidato il sell-off negli Stati Uniti. Secondo William Davies, Global Chief Investment Officer di Columbia Threadneedle, fino a un mese fa l’attenzione in Giappone era concentrata sulla forte performance del mercato azionario, anche se in termini di valuta costante ciò era meno evidente: lo yen si era indebolito notevolmente.
Con la prospettiva di un calo dei tassi statunitensi e l’aumento dei tassi giapponesi da negativi allo 0,25%, il carry trade dello yen si è invertito e così il mercato azionario giapponese. In sostanza, gli investitori prendevano in prestito yen giapponesi a tassi molto bassi e poi li convertivano in dollari per acquistare azioni statunitensi. Questa scommessa con leva finanziaria funziona fino a quando non funziona più. Le valute si muovono spesso in base ai tassi di interesse; il Giappone ha aumentato i tassi e lo yen si è rafforzato. Questo ha provocato perdite sul trading dello yen debole in quanto la conversione in yen è diventata più costosa.
Lo scioglimento di queste posizioni avviene spesso in modo rapido e violento e può causare grandi movimenti di mercato. È come se le operazioni di successo dell’inizio del 2024 – i Magnifici 6/7, lo yen debole, le azioni giapponesi forti – si fossero in parte dissolte insieme ai segnali di una lieve debolezza dell’economia statunitense, ai risultati contrastanti degli utili e all’aumento dei tassi d’interesse giapponesi. È meglio stare alla larga da questo treno merci. Alla fine passerà e ci sarà meno pressione tecnica sui mercati.
Dopo gli scarsi risultati del 2022, i mercati obbligazionari e azionari hanno registrato un buon andamento. Ci sono ancora molte buone notizie in giro, ma il fattore paura è aumentato notevolmente. Come sempre, un portafoglio ben diversificato, il non farsi prendere dal panico e l’attenersi al piano finanziario consigliato dal proprio consulente sono i modi migliori per gestire le oscillazioni del mercato.