di Giovanni De Sio Cesari

Nella recente visita in Cina la premier Meloni ha in pratica rinunciato alla adesione  sulla cosi detta Via della seta sostituendola con il partenariato,  un incremento degli scambi commerciali : una uscita morbida dall’accordo siglata 4 anni fa fra Italia e Cina.

Il 23 marzo del 2019  l’Italia, unico paese europeo, firmava un ampio e impegnativo accordo con la Cina  nell’ambito del grande progetto  cinese della  via della seta, il più grande mai ricordato nella storia. In termini più precisi si trattò del  Memorandum of Understanding ( memoriale di intesa,  acronimo  MOU) sulla  Belt and Road Initiative  (acronimo  BRI).

Via del seta è una termine dei mass media  italiani in ricordo della via commerciale  seguita dai mercanti medioevali dalla Cina fino ai porti del mediterraneo dove  la via seguitava ad opera delle repubbliche marinare italiane per raggiungere tutta l Europa: ma il termine  non si trova negli accordi ufficiali, è una pura imvenzione italiana.

Dopo due anni il bilancio  dei  risultati appare molto  modesto 

Pochi mesi dopo  esplose la pandemia  che ha raffreddato, talvolta proprio congelata tutta la economia.   In particolare in Italia si contava su un aumento sostanziale dei turisti cinesi. Il loro numero , sempre prima della pandemia , era in rapido   aumento del 15% annuo , più di ogni altro gruppo ma rimaneva tuttavia limitato e si sperava in un arrivo in massa  tenendo conto della immensità della  popolazione cinese e che soprattutto  in  tutto  l’oriente è diffuso   un vero e proprio mito  dell’Italia come terra dell’arte, della musica, della  storia.  Ovviamente la pandemia ha  quasi  azzerato ogni flusso  turistico  e anche nell’ultimo anno il flusso cinese è rimasto molto modesto anche per i problemi economici nel frattempo esplosi in quel paese.

Certamente  il covid in generale  ha frenato ogni sviluppo, però dobbiamo tener conto di altri fattori generali, non contingenti .

Innanzi tutto l’ accordo fu firmato dal ministro Di Maio  del governo giallo verde presieduto da Conte.  In quella maggioranza prevaleva uno spirito di autonomia, di contrarietà alla politica UE  anche se il progetto, pure presente nella propaganda elettorale,  di uscire dall’euro ( e magari dalla UE) si era dimostrato impraticabile e quindi abbandonato. Dopo qualche mese il governo giallo verde cadeva e veniva sostituito da un quello  giallo -rosso nel quale il PD  faceva valere il suo europeismo e in seguito da un governo presieduto  da Draghi, da tutti acclamato  come  il salvatore dell’euro : un  europeista convinto anche se critico.  Si noti che invece in nulla è cambiato nel governo cinese .

Nel quadro internazionale  Trump spingeva per una politica  puramente di interessi economici ma l’avvento di Biden ha riportato in auge lo scontro ideologico per la democrazia, diritti umani e simili per cui è salita la tensione con paesi illiberali come  la Cina ( la Russia, la Turchia,  perfino l Arabia Saudita)

Vediamo in particolare i vari punti delle intese

Si prospettavano ampie collaborazioni cinesi sui porti di  Genova e di Trieste . La compagnia cinese CCC (strano nome) però è stato estromessa da ogni apporto per i  lavori di ammodernamento e  per il porto su Trieste per sopravvenute sanzioni americane.

Per le intese di interventi in paesi terzi in via di  sviluppo vi è stata qualche discreto sviluppo  in asia centrale  ma quasi nulla  invece in africa.

Per quanto riguarda il 5G dapprima vi era stata una certa apertura in Europa ma essa si è man mano ristretta fino a chiudersi del tutto anche su pressione americana. L’ Italia si è  pure essa  uniformata a questa  linea.

Per quanto riguarda la collaborazione nel campo dello spazio si è continuato per i satelliti  che dovrebbero studiare la sismicità come era già avviata  ma la  collaborazione propriamente  spaziale è stata bloccata anche per pressioni americane  nel timore che tecnologia sensibile occidentale venisse condivisa con la Cina nel quadro sempre delle  rinnovate tensioni.

Si tenga presente che comunque non si è andato al di là delle collaborazioni preesistenti all’accordo.

Possiamo quindi  concludere che il documento di intesa non ha avuto seguito e non si vede come avrebbe potuto averne in seguito

Attualmente i rapporti commerciali con la Cina  segnano un passivo nella bilancia dei pagamenti intorno ai 12 miliardi. I nostri prodotti di esportazioni sono soprattutto tessili, elettronici e macchinari, la  nostra  esportazioni riguarda pure prodotti tessili e meccanici. Diciamo che esportiamo prodotti di eccellenza e importiamo prodotti  ordinari. L Italia importa dalla Cina il 7% dei prodotti importati, e vi esporta il 2,8 dei prodotti esportati.

Come si vede la Cina  ha rapporti commerciali con il nostro paese molto inferiori a quello che generalmente la gente immagina. I nostri rapporti economici più importanti sono con i paesi europei e con l ‘America

Il tentativo di ampliare  i nostri rapporti commerciali con la Cina come una alternativa a quelli con l’Occidente possiamo dire che almeno  per il momento appare fallito e l’enfasi data a quegli accordi da parte del governo giallo-verde alla prova dei fatti è apparsa  del tutto   velleitaria

 

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