Dimenticate il classico stereotipo del nomade digitale: ventenne, single, freelance della tecnologia al lavoro da qualche remota località asiatica. I nuovi nomadi digitali 2.0, per i quali il Parlamento ha appena disegnato un ‘visto’ di soggiorno apposito, sono cresciuti, e sono oggi in prevalenza esperti di marketing e comunicazione over 35, si spostano con il partner e non disdegnano di soggiornare oltre 3 mesi in Italia, meglio se in una delle regioni del sud. La prova? Il programma Airbnb per vivere un anno nella Casa a 1 euro a Sambuca di Sicilia ha raccolto in poche settimane oltre 100mila candidature da tutto il mondo. E’ proprio grazie al Mezzogiorno che l’Italia torna in corsa nella partita del turismo post covid e del lavoro da remoto. Sono alcune delle evidenze che emergono dal Secondo Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia, uno studio condotto dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali e da Airbnb intervistando un campione di oltre 2.000 lavoratori da remoto o in procinto di fare i bagagli. Il Rapporto verrà presentato domenica a Milano in occasione della giornata di apertura BIT 2022, l’evento leader dei viaggi e del turismo, tornato quest’anno in presenza.
L’identikit del nuovo nomade digitale
Il 46% dei remote worker intervistati ha già fatto esperienze di nomadismo digitale, mentre il restante 54% dichiara di volerlo fare nel prossimo futuro. Se il fenomeno interessa maggiormente le donne, che rappresentano il 54% degli intervistati, l’età di riferimento è quella dai 25 ai 44 anni (67%). E a livello professionale? Cade lo stereotipo del giovane freelance che lavora in ambito tecnologico: il nuovo nomade è un dipendente o collaboratore (52%), impiegato principalmente nei settori del marketing e comunicazione (27%) e presenta in media un alto livello di istruzione: il 42% ha una laurea e il 31% un master o un dottorato. E questo tipo di esperienza non è più ad appannaggio dei single: chi la sceglie, infatti, preferisce la compagnia del proprio partner (44%) o della famiglia (23%).
Prima il sud
Il Mezzogiorno e le isole sono destinazioni gradite complessivamente da ben 3 intervistati su 4 (76%). Le attività che vorrebbero maggiormente sperimentare e che interessano di più remote worker e nomadi digitali sono: gli eventi culturali e quelli enogastronomici (60%), seguiti da attività a contatto con la natura (51%), esperienze originali e caratteristiche del territorio (40%) e da attività di socializzazione con la comunità locale (37%). Durata del soggiorno? Un’esperienza che per molti potrebbe andare da 1 a 3 mesi (42%), oppure da 3 a 6 (25%). Complessivamente, per quasi un nomade digitale 1 su 2, la permanenza potrebbe durare oltre i 3 mesi e fino a 1 anno (45%).
Gli ostacoli
Gli aspetti più rilevanti e irrinunciabili per i remote worker che vorrebbero vivere un’esperienza di nomadismo digitale in Italia e che influenzano la scelta della loro destinazione sono: la qualità della connessione a Internet (65%), costi della vita (61%) adeguati alle loro esigenze, attività culturali (40%) e la possibilità di sperimentare le tradizioni locali (37%). Il 55% degli intervistati ha dichiarato che gli piacerebbe trovare in un unico portale “ufficiale” tutte le informazioni specifiche – dalle tematiche di immigrazione a quelle sanitarie – di cui ha bisogno per scegliere una destinazione rispetto ad un altra, e utilizzerebbe questo canale prioritariamente rispetto ad altri.
Il visto di soggiorno
Nel mese di marzo 2022, con il Decreto “Sostegni-ter”, è stata approvata una norma che introduce nel nostro ordinamento la figura dei “Nomadi Digitali” o remote worker, definiti come “cittadini di un Paese terzo, che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano”.
Giacomo Trovato, Country Manager di Airbnb Italia, spiega: “la pubblicazione della misura è un’ottima notizia. Con l’affermazione dello smart working e del lavoro ibrido, sono sempre di più coloro che non hanno la necessità di recarsi in ufficio quotidianamente: per la prima volta, milioni di persone possono vivere ovunque, determinando così il più grande cambiamento nel mondo dei viaggi dall’introduzione dei voli commerciali. Città e paesi si sfideranno per attirare i lavoratori a distanza e ciò porterà a una ridistribuzione dei luoghi in cui le persone viaggiano e vivono. E’ importante che l’Italia si faccia trovare pronta per cogliere questa opportunità, e bene ha fatto il governo a intervenire con lungimiranza in materia. Da parte nostra, ribadiamo la totale disponibilità al Ministro Garavaglia a lavorare insieme per rendere la destinazione Italia ancora più attraente per questi nuovi viaggiatori attraverso programmi specifici ed auspichiamo un’introduzione rapida dei decreti attuativi per fare in modo che il visto possa essere facilmente richiesto attraverso procedure semplici e online”
“Attrarre remote worker e nomadi digitali nel nostro Paese rappresenta una grande opportunità per differenziare l’offerta turistica tradizionale e sviluppare progetti innovativi con un forte impatto sociale”, spiega Alberto Mattei, Presidente dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali. “Temi come il lavoro da remoto e il nomadismo digitale – se seriamente considerati – possono contribuire a ridurre il divario economico, sociale e territoriale in Italia”.
Airbnb e il lungo termine
Le nuove abitudini di vita e lavoro hanno avuto un impatto significativo sul modo di viaggiare. Airbnb ha registrato negli ultimi due anni una crescita del 15% circa nella durata media delle prenotazioni, con i soggiorni superiori a 7 giorni ora a rappresentare circa la metà delle notti prenotate. Inoltre:
1 notte su 5 prenotata nel terzo trimestre del 2021 ha riguardato soggiorni di 28 giorni o più;
I soggiorni di 28 o più notti restano la categoria a maggior crescita e hanno rappresentato il 22% delle notti nell’ultimo trimestre del 2021, in crescita del 16% rispetto all’ultimo trimestre del 2019;
Quasi il 50% delle notti prenotate nel terzo trimestre del 2021 riguardava soggiorni di almeno sette giorni, rispetto al 44% del 2019.