In occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, il messaggio di Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi.
Si stima che nel nostro Paese ci siano 4.360.000 persone con disabilità, ma sono scarsi i servizi a loro dedicati e troppo poche le risorse messe a disposizione, sia a livello locale che nazionale. In questo scenario, le famiglie vengono spesso abbandonate a se stesse e sono purtroppo costrette a fare i conti con istanze inascoltate, costi sempre più elevati delle cure e liste d’attesa molto lunghe. Infatti, secondo le ultime stime, sono oltre 4 milioni gli italiani che rinunciano a visite o accertamenti specialistici per motivi economici e, in particolare, il 5,2% delle famiglie italiane dichiara di disporre di scarse o insufficienti risorse economiche per fronteggiarle, a fronte dell’1,9% delle famiglie che invece dichiara di disporre di risorse adeguate. Un chiaro segnale di vulnerabilità nell’accesso alle cure, che riguarda in particolar modo i cittadini meno abbienti. In occasione della Giornata Internazionale delle persone con Disabilità, dedicata quest’anno al tema del “durante e dopo di noi”, Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, lancia un appello a tutte le Istituzioni affinché trovino al più presto soluzioni concrete alla disuguaglianza nella salute e diano maggiore sostegno alle famiglie delle persone più fragili.
«Mi commuovo ogni volta che osservo i volti sorridenti dei nostri bambini e ragazzi. La loro forza risiede proprio in quei sorrisi, che non mancano mai, nonostante la difficoltà, il limite e il dolore. Ma la gioia per aver aperto le porte alla vita di tanti bambini e ragazzi stride fortemente al pensiero di quanti, quella porta, la trovano purtroppo chiusa. Ho sempre negli occhi le lacrime dei genitori che incontriamo nel nostro cammino e che ci raccontano storie di abbandono e di difficoltà. Madri e padri che considero veri eroi, perché combattono quotidianamente delle battaglie contro l’esclusione, la povertà e l’assenza di risposte. Famiglie costrette a vivere la solitudine generata dalla logica del profitto, che ha dato vita a quella cultura dello scarto che respinge i più deboli. I valori su cui il Serafico si fonda, ci fanno credere fortemente che la disuguaglianza nella salute sia la forma di discriminazione più disumana e in questa Giornata così importante vogliamo ricordare a tutte le Istituzioni del nostro Paese che è necessario superare le disuguaglianze proprio per consentire la libertà di vivere “durante e dopo di noi”, perché una società più giusta e inclusiva può essere costruita solo a partire dai più fragili», dichiara Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi.
Le costanti restrizioni finanziarie imposte alla sanità pubblica per far fronte alla grave crisi economica del Paese hanno indebolito il sistema di offerta di servizi e prestazioni sanitarie, aggravato le difficoltà di accesso alle cure e ampliato le disuguaglianze. Nel periodo 2015-2018, infatti, l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato una riduzione del finanziamento del SSN di € 12,11 miliardi. Inoltre, secondo l’ultimo rapporto Ocse, in Italia si spendono 3.391 dollari pro-capite per la sanità (che ci collocano in prima posizione tra i paesi più poveri dell’Europa insieme a Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Grecia, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Polonia e Lettonia), inferiori ai 3.978 dollari della media Ue e molto più bassi dei 4.713 del Lussemburgo o dei 4.160 della Germania.
«I dati che ci restituiscono la reale dimensione quantitativa delle disuguaglianze nella salute sono sconcertanti. Ma la disuguaglianza nella salute è un’ingiustizia che ha a che fare innanzitutto con la vita, un bene che non dovrebbe mai essere sottoposto ad analisi quantitative. Purtroppo nell’epoca della crisi economica si guarda all’accesso ai servizi socio-sanitari come “investimenti” da valutare in base agli esiti di salute che possono generare. Il ritorno di questi particolari investimenti non viene mai valutato sulla base del loro impatto sociale: il sollievo alle famiglie, la felicità della persona fragile, i posti di lavoro che si generano in un sistema che sceglie di prendersi cura delle persone più deboli, ma in termini di speranza di vita e possibilità di guarigione. Questa logica ha fatto sì che i sistemi socio-sanitari vengano valutati nei termini dell’efficacia, dell’efficienza e della qualità, ma occorrerebbe anche inserire altri parametri quali la giustizia e l’equità. La vocazione del curare e la cultura del produrre non hanno la stessa natura perché attingono a dimensioni diverse del fare e dell’essere. È chiaro, quindi, che il concetto di produttività ha ben poco da spartire con quello della fraternità, dell’accoglienza e della giustizia», prosegue la Presidente Di Maolo.
La solitudine in cui sono lasciate le famiglie è frutto della logica del profitto, che ha dato vita a quella cultura dello scarto che respinge i più deboli. Ma il coinvolgimento della famiglia è una componente estremamente importante dell’intero percorso riabilitativo di una persona con disabilità. Per questo fornire ai genitori sostegno costante e tutti gli strumenti necessari per affrontare al meglio le sfide quotidiane è un dovere della società.
«Abbiamo lasciato che la cultura dello scarto mietesse nuove vittime: anziani, disabili gravi, malati cronici. La stessa crescita del fondo sanitario nazionale è strettamente collegata al PIL, ma lo sviluppo di un popolo e di un territorio non possono prescindere dalla libertà sostanziale delle persone e dalla loro reale possibilità di partecipare alla vita. Il problema dello “scarto” verso le persone disabili, non può essere risolto attraverso politiche assistenziali e redistributive di ciò che si può spendere, ma necessita una comprensione delle richieste morali e politiche che provengono dalla disabilità alle quali si può rispondere solo grazie ad un deciso contributo della società e con interventi creativi e generativi. Insieme a milioni di disabili nel mondo, insieme a tanti esclusi, nutriamo un sogno: che ciascuno possa tornare libero di vivere la propria vita in un mondo in cui l’uguaglianza sostanziale possa essere una realtà. La vita e la salute non possono essere solo un privilegio di alcuni», conclude la Presidente del Serafico.