Ad oggi 120 milioni di ragazze in tutto il mondo, una su 10, hanno subito stupri o altri atti sessuali forzati[1], fino al 30% dei minori legati a gruppi armati sono ragazze (utilizzate spesso come schiave sessuali), entro quest’anno 12 milioni di ragazze saranno coinvolte in matrimoni precoci (un matrimonio ogni tre secondi) e solo quest’anno 2,4 milioni di ragazze (4 ogni minuto) si sposeranno prima di aver compiuto i 15 anni. In particolare, quelle che vivono in paesi colpiti da conflitti o altre crisi umanitarie sono spesso le più vulnerabili di tutte a diventare spose bambine[2].
Nel mondo, più di 1 ragazza su 3 (35%) nella propria vita ha subito violenze fisiche o sessuali dal partner o da altri uomini[3] e tra le ragazze di età compresa tra 14 e 21 anni, il 66% ha subito un’attenzione sessuale o molestie indesiderate in un luogo pubblico[4]. Inoltre, più dell’80% dei minori sposati prima dei 18 anni sono di sesso femminile.
Sono i drammatici dati diffusi oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, in occasione della Giornata Internazionale delle bambine dell’11 ottobre, che segnerà l’inizio delle celebrazioni “Pechino + 25”, a quasi 25 anni dalla Dichiarazione di Pechino della Piattaforma d’azione[5]. I dati diffusi dall’Organizzazione accendono i riflettori sulla terribile realtà degli stupri e delle violenze in zone di conflitto e sulla piaga delle spose bambine, evidenziando il ruolo fondamentale dell’istruzione nel ridurre la pratica dei matrimoni precoci.
Tra oggi e il 2030, scadenza ultima per raggiungere l’Obiettivo globale dell’Onu di porre fine ai matrimoni precoci, 134 milioni di ragazze si sposeranno e 28,1 milioni contrarranno matrimonio prima del loro 15° compleanno. Se tutte le adolescenti del mondo portassero a termine l’istruzione secondaria, sottolinea Save the Children, si potrebbero evitare 51 milioni di matrimoni precoci fino al 2030.
“In alcune parti del mondo, le violenze nei confronti di bambine e ragazze sono la quotidianità. Stupri, violenze sessuali, matrimoni precoci, esclusione dall’educazione, mutilazioni genitali femminili sono solo alcune delle sofferenze alle quali vengono sottoposte. In particolare, chi vive in contesti di guerra è più esposto ad abusi di ogni genere. Eppure è proprio in questi contesti che troviamo le bambine e le ragazze più resilienti nonostante siano state costrette ad una vita di abusi e violenze” afferma Daniela Fatarella, Vicedirettore Generale Save the Children.
“Qualche anno fa, grazie ai nostri partner sul territorio, abbiamo raccolto i disegni di alcune bambine e ragazze date precocemente in matrimonio per evitare che capitasse loro qualcosa di più atroce come essere rapite dalle milizie dell’Isis. Ricordo con angoscia alcuni di quei disegni che descrivevano la vita come fosse una prigione o addirittura dove alcune bambine si ritraevano in una bara con il vestito da sposa” prosegue Fatarella, che conclude “Dobbiamo proteggere l’infanzia delle bambine affinché queste diventino giovani donne capaci di inseguire i propri sogni e le proprie aspirazioni, per costruire il proprio futuro”.
Per Save the Children, la Giornata Internazionale sarà anche l’occasione per rilanciare la Campagna Stop alla guerra sui bambini, che accende i riflettori sulle drammatiche conseguenze delle guerre sui milioni di bambini che vivono in aree di guerra.
Bambine e ragazze che vivono in paesi colpiti da conflitti o altre crisi umanitarie sono spesso le più esposte di tutte a violenze o a matrimoni precoci. 9 dei 10 paesi con i più alti tassi di diffusione di questa pratica, sono considerati fragili o estremamente fragili[6] e fino al 30% dei minori affiliati a gruppi armati in alcuni contesti, sono di sesso femminile. Inoltre le situazioni di conflitto, post conflitto e sfollamento possono esacerbare episodi di violenza anche sessuale e possono portare a nuove forme di violenza contro le donne sia da parte dei partner che di altri uomini[7]. Inoltre, le ragazze adolescenti che vivono in contesti di conflitto, hanno il 90% di probabilità in più di abbandonare la scuola rispetto alle ragazze che vivono in posti dove non c’è la guerra[8].
Circa tre quinti di tutte le morti materne si verificano in contesti umanitari e fragili, ogni giorno 507 donne e adolescenti muoiono per complicazioni legate alla gravidanza e al parto in situazioni di emergenza [9] e almeno 200 milioni di donne e ragazze oggi hanno subito mutilazioni genitali femminili in almeno 30 paesi dove i dati sono indicativi. Nei paesi in cui sono disponibili dati, la maggior parte delle ragazze ha subito questa pratica prima dei cinque anni[10].
La storia di Emily
Save the Children diffonde oggi un video, risultato di un esperimento sociale, che riporta le reazioni di varie persone, di sesso ed età diverse, davanti alla storia di una bambina di 8 anni, Emily. Ai protagonisti viene chiesto di ricordare un episodio dell’infanzia, di quando avevano 8 anni appunto e poi gli si chiede di leggere la testimonianza di Emily, della Repubblica Democratica del Congo, costretta a subire violenze da parte dei un gruppo di soldati. Le reazioni sono sorprendenti.
[5] La Dichiarazione e la Piattaforma d’azione di Pechino sono il documento finale concordato alla 4a Conferenza mondiale sulle donne a settembre del 1995 e approvato da tutti i paesi attraverso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel corso dello stesso anno. È il primo strumento internazionale a riconoscere in modo specifico il potenziale delle bambine e le sfide che devono affrontare. Il documento è considerato il progetto più progressivo per l’uguaglianza di genere ed è rilevante oggi come lo era 25 anni fa. Ogni cinque anni i paesi esaminano i progressi rispetto agli impegni assunti alla conferenza di Pechino e assumono impegni rinnovati e specifici per accelerare i progressi.