La storia della fotografia, l’invenzione che quest’anno festeggia il suo 180° compleanno, è sempre stata frutto di emozioni, ricerche, innovazioni infinite che non si fermano né conoscono frontiere, passando da arte riservata a pochi a mezzo di comunicazione universale.
La fotografia si basa su due grandi principi, quello estetico-creativo e quello tecnologico ma se la sua storia si è giustamente identificata con quella dei grandi autori che l’hanno realizzata, meno attenzione è stata riservata alla straordinaria evoluzione delle sue tecniche.
È dunque nell’ottica di raccontare proprio le tecniche che ne hanno segnato la crescita della fotografia che il Museo della Tecnica Elettrica (MTE) di Pavia, nato nel 2007 con l’obiettivo di preservare e promuovere il patrimonio culturale della tecnica elettrica, e oggi importante punto di riferimento culturale sul territorio diretto dalla prof.ssa Michela Magliacani, presenta dal 1° al 30 giugno la mostra “AA.VV. Dal dagherrotipo al digitale. La fotografia e le sue tecniche” a cura di Roberto Mutti.
Michela Magliacani, direttrice del Museo della Tecnica Elettrica di Pavia: «Per noi è stato un onore, ancor prima che un dovere, poter ospitare nei nostri spazi una mostra che raccontasse la storia di uno dei mezzi della comunicazione più democratici che si conosca, la fotografia. L’MTE fa parte del Sistema Museale dell’Università di Pavia ed è nostro compito ricercare, conservare e divulgare la storia e la cultura della tecnica elettrica. Ovvero spiegare alle persone che vengono a trovarci la nascita di un qualcosa che fa parte della quotidianità di tutti noi. Con questo spirito crediamo nell’arte e in tutte le sue espressioni per avvicinare grandi e piccoli alla conoscenza del nostro patrimonio».
La mostra, inserita nella programmazione della prima edizione di Pavia Foto Festival, espone in apposite teche pezzi originali antichi raramente visti da vicino (dagherrotipi, ambrotipi, ferrotipie, carte de visite, calotipi, carte salate, autochrome, stampe “al chiaro di luna”), pellicole, diapositive e immagini analogiche di un recente passato, fotografie digitali contemporanee.
Tutte le storie hanno un inizio, e quella della fotografia moderna la si può far risalire al 9 luglio del 1839 con il pittore e scenografo teatrale francese Louis Jacque Mandè Daguerre che dava vita al procedimento fotografico conosciuto come “dagherrotipo”: una lastra ricoperta d’argento che, esposta ai vapori dello iodio, messa in camera oscura e posizionata davanti al soggetto da riprendere, dopo una posa lunga e un lavaggio in sale marino e mercurio, svelava un’immagine speculare del soggetto fotografato.
Roberto Mutti, curatore della mostra e direttore artistico di Pavia Foto Festival: «Esposte ci sono delle vere e proprie rarità, e il tutto è accompagnato da pannelli che spiegano i differenti procedimenti, dal dagherrotipo, che realizzava fotografie che non potevano essere duplicate (si dovrà aspettare il 1841 con l’invenzione dei negativi da parte dell’inglese William Henry Fox Talbot), alle stampe al chiaro di luna. È un percorso completo e affascinante. Bisogna comprendere che quello che per noi è naturale e che facciamo tutti i giorni con i nostri smartphon, una volta richiedeva di attrezzature ingombranti e tempi di posa e sviluppo lunghissimi. Oggi si ottengono risultati eccezionali, ma senza i passaggi che vengono raccontati in mostra non esisterebbe la moderna fotografia, senza dimenticarci di veri e propri miti come la Polaroid, che grazie alla possibilità di realizzare fotografie istantanee ha in qualche modo anticipato l’era digitale».
In mostra al Museo della Tecnica Elettrica di Pavia compaiono anche opere di autori contemporanei (Beniamino Terraneo con i suoi dagherrotipi, Stefania Ricci con le cianotipie, Paolo Marcolongo con clichè verre e kyrlian, Federico Patrocinio con la fotografia stenopeica, Beppe Bolchi con il distacco polaroid in bottiglia, Roberto Montanari con la gomma bicromatata, Dino Silingardi con le stampe al platino e al carbone, Erminio Annunzi con la stampa ad annerimento) che si dedicano a queste antiche e talvolta più recenti tecniche con risultati sorprendenti.
Ma anche all’evoluzione contemporanea è dedicato molto spazio, perché il passaggio dalla “camera oscura” (in mostra esempi di comparazione fra stampe su carta baritata e politenata) alla “camera chiara” ha portato a una varietà di soluzioni che vanno dalla stampa lambda a quella ai pigmenti di carbone, dalla fine art alla stampa su materiali diversi come il propilene, il metallo, il plexiglass.
Organizzata da photoShowall, la prima edizione di Pavia Foto Festival, vuole favorire la “contaminazione” tra progetti artistici, spazi espositivi e visitatori, propone sino 30 giugno 2019 un calendario di 15 differenti mostre in 14 spazi pubblici e privati, tra Pavia, Milano e Voghera (www.paviafotofestival.it).